La macchina della censura: l’Indice dei libri proibiti

image_printstampa articolo

di RICCARDO RENZI <>
Quando si parla di circolazione del libero pensiero e agli antipodi della censura svolta dalla Chiesa fin dai suoi primissimi secoli di vita, non si può non affrontare il discorso relativo all’Indice dei libri proibiti. Nell’immaginario comune tale istituzione assieme all’Inquisizione vengono collocate nel Medioevo, ma esse sono Istituzioni dell’età moderna che sorgono in contrapposizione alla Riforma protestante e allo sviluppo dell’Umanesimo. Ma facciamo un piccolo passo indietro e vediamo come la Chiesa ha reagito nel corso della storia di fronte all’”eresia”. Fin dalle sue origini le lotte della Chiesa contro le eresie comportarono la proibizione di leggere o conservare opere considerate eretiche: il primo concilio di Nicea (325) proibì le opere di Ario, papa Anastasio I (399-401) quelle di Origene, nel 405 Innocenzo I scrisse una lista di libri apocrifi, papa Leone I (440-461) proibì i testi manichei[1]. Dunque, sin dalle origini abbiamo molteplici esempi di proibizionismo intellettuale. Nel 787 d.C. con il secondo concilio di Nicea si stabilì che i libri eretici rinvenuti dovessero essere immediatamente consegnati al vescovo, mentre il concilio del 868 d.C. condannò al rogo le opere di Fozio, nel invece 1140 furono condannate al rogo le opere di Pietro Abelardo e Arnaldo da Brescia, nel 1239 il Talmud, e nel 1327 opere di Francesco Stabili[2]. Un concilio a Tolosa nel 1229 giunse a proibire ai laici francesi il possesso di copie della Bibbia e nel 1234 un altro concilio, tenutosi a Tarragona, ordinò il rogo delle traduzioni della Bibbia nelle lingue volgari[3]. Nel XIV secolo esistevano meccanismi di controllo interno ai monasteri ed alle università, in questa sede ricordiamo che i soli luoghi ove era presente la cultura erano gli istituti religiosi e le università. In ciascun monastero l’abate era preposto al controllo dell’ortodossia di un’opera, senza l’assenso del quale gli amanuensi non potevano iniziare la copia di un manoscritto.

La rivoluzione si ebbe però con l’invenzione della stampa a caratteri mobili a metà XV secolo, ora le informazioni, un po’ come è stato per noi con l’avvento di internet, si diffondevano ad una velocità tale che risultava incontrollabile per i sistemi di censura dell’epoca. I criteri di autocontrollo esistiti fino ad allora divennero in poco tempo totalmente inefficaci. La Chiesa doveva dunque escogitare un metodo che stesse al passo con i tempi. Il primo provvedimento fu preso il 17 marzo del 1479 da papa Sisto IV. Il successore Innocenzo VIII con la costituzione «Inter multiplices»[4] del 17 novembre 1487 andò a fissare delle regole ferree che furono imposte dalla Chiesa cattolica sino al Concilio Vaticano II[5].

Prevedevano:

  • un esame previo obbligatorio di tutti gli scritti destinati alla stampa;
  • la concessione del permesso di stampa (Imprimatur) soltanto ai libri non contrari alla religione cattolica;
  • pene spirituali o pecuniarie a quanti stampano, vendono, leggono o tengono presso di sé libri che violano queste disposizioni;
  • la messa al rogo dei libri proibiti.

I successori di Innocenzo VIII andarono a perfezionare e calibrare meglio i provvedimenti. Alessandro VI Borgia con una bolla dal titolo omonimo Inter multiplices del 1º giugno 1501 e Leone X con la bolla Inter Sollicitudines del 4 maggio 1515. L’Inquisizione fu istituita solo nel 1542 da papa Paolo III istituì la con la bolla Licet ab initio del 21 luglio[6].

Il Primo indice lo si ha nel 1559. Tra i compiti della Santa Inquisizione vi era quello di ispezionare biblioteche pubbliche e private, botteghe di tipografi e librai, ed anche chiese e monasteri, alla ricerca di libri classificati come eretici. Nel 1555 Gian Piero Carafa, fondatore del Sant’Uffizio, neoeletto pontefice col nome di Paolo IV incaricò i cardinali inquisitori di redigere un Indice ufficiale dei libri proibiti[7]. L’ “Indice Paolino” o Primo indice, fu emanato a Roma il 30 dicembre 1558 e diffuso a gennaio del 1559.


[1] C. Carbone, La storia della Chiesa, Roma, Domani, 1959, pp. 12-13.

[2] H. Y. Gamble, Libri e lettori nella chiesa antica, Brescia, Paideia Editore, 2006, pp. 175-200.

[3] L. Todesco, Storia della Chiesa, v. IV, Roma, Marietti, 1951, p. 490.

[4] V. Frajese, Nascita dell’Indice. La censura ecclesiastica dal Rinascimento alla Controriforma, Brescia, Morcelliana, 2006.

[5] La soppressione della Congregazione per la dottrina della fede avvenne solo 4 febbraio del 1966.

[6] H. Wolf, Storia dell’Indice. Il Vaticano e i libri proibiti, Traduzione di Stefano Bacin, Roma, Donzelli, 2006.

[7] Ivi, p. 34.


Categories:

,

Tags:


Comments

Una risposta a “La macchina della censura: l’Indice dei libri proibiti”

  1. Avatar Rubes
    Rubes

    Principali responsabili i credenti,di ieri e di oggi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *