Reazioni storiche alla religione

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di DAVIDE DE MARCO <>
La religione è una cosa artificiale. Esperienze mistiche a parte, provate da tutti, non dimostrano il soprannaturale, bensì evidenziano la ricerca conscia e soprattutto inconscia del mistero dell’esistenza e sottolineano il desiderio di una comprensione del tutto che ci veda protagonisti della realtà e non comparse. Nei casi mistici estremi, quel che chiamiamo spiritualità appare un disvelamento possibile della profondità delle cose, colte nella loro tensione massima verso l’assoluto (l’esserci per sempre) che la spiritualità rende possibile.
Il positivismo che sta sopra queste osservazioni è sicuramente rappezzato a causa della ancora scarsa maturità umana. Un primo passo verso la maturità piena fu fatto con l’Umanesimo: un fenomeno imbevuto di studi pagani di alto livello (dove stoicismo ed epicureismo sono preponderanti) e attratto dall’ermetismo di Ermete Trismegisto nella sua forma migliore.
L’Umanesimo non intendeva affatto scalzare la religione custodita dalla chiesa romana: intendeva razionalizzarla, darle un supporto logico, nobilitarla intellettualmente. La chiusura romana dimostrò che quella custodia era per lo più giustificata da una volontà di potere secolare, in parte dovuta alla latitanza del Sacro Romano Impero.
Da un punto di vista positivista, molto più interessante appare la rivoluzione protestante, in quanto i Protestanti, staccatisi da Roma, si ritrovarono costretti a creare un nuovo punto di riferimento: questo avrebbe dovuto essere la chiesa riformata secondo lo stretto moralismo del Vecchio Testamento; per ragioni storiche fu invece l’uomo in sé, promosso primo attore per gli effetti di un materialismo vittorioso, esploso nel Rinascimento (anche grazie alle imprese transoceaniche).
Le sanguinose guerre del ‘600 dimostrano che non si trattò affatto di confronti religiosi fra Cattolici e Protestanti, ma di confronti fra uomini per il possesso dei nuovi beni.
Accanto alle guerre, vi fu il progresso della Scienza, non solo su basi utilitaristiche, ma anche con opportuni scopi protagonistici: per tutto questo si arriverà allo spettacolare Illuminismo. L’uomo va a sostituire la divinità. Nasce un nuovo umanesimo, fatto sì di presunzione e approssimazione, ma fatto anche di fiducia totale nelle risorse umane, per quanto l’utilitarismo borghese, preso da euforia per l’affermazione del fare sul pensare, tenterà di banalizzarla.
Siamo alla rivoluzione industriale e alla conferma della mentalità borghese, responsabile di lutti inenarrabili nel XX secolo, vissuti come episodi; ma siamo anche al coraggio delle dichiarazioni contro l’infallibilità della Scienza, attraverso Heisenberg, Göedel, Wittgenstein, Popper, il nostro Vattimo, siamo al Post-moderno di Lyotard, al decostruzionismo di Derrida.
Il mito religioso è sconfitto da tempo, ma ora c’è pure la sconfitta del mito scientifico. Viviamo in pieno relativismo in modo ufficiale.
Il risultato non deve portare a resurrezioni del mito religioso, ma deve riconoscere il valore morale e intellettuale della religione, ricavando da essa il potere di interpretare correttamente le cose, non fermarsi alla loro superficialità, insomma approfondire in quanto l’uomo è in grado di farlo, come dimostra il conseguimento del concetto che viene dopo quello della relatività: e cioè la reazione con cui si supera il concetto tradizionale di essere e si assume quello di divenire. Deve cambiare la prospettiva d’osservazione, e l’uomo sta procedendo in tal senso.



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