Il carisma del capo. Dialogo tra un non credente che osserva i fatti e un credente un po’ ingenuo

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di VALERIO POCAR <>

Non Credente. Senti questa. Un sondaggio d’opinione riportato da un quotidiano [la Repubblica, 4 novembre 2023] informa, sempreché si debba credere ai sondaggi, che il Papa regnante godrebbe del massimo della fiducia degli italiani, almeno dei due terzi, più di chiunque altro.
Credente. Perché ti meravigli? Parla di pace, di fratellanza, di amare il prossimo. Tutte cose buone, no?
NC. Altroché. Ma la vera notizia è che, ammesso che il Papa riscuota un tale elevato tributo di fiducia, la Chiesa, della quale è pur sempre la massima espressione, godrebbe di favore assai minore, quasi dimezzato, con modeste variazioni secondo l’opinione politica e variazioni più sensibili secondo l’età. Ma la tendenza resta la stessa.
C. Questo mi colpisce. La fiducia nella Chiesa e nel suo capo non dovrebbero andare di pari passo?
NC. Pare proprio che non sia così. Figurati che lo scarto tra il favore verso il Papa e quello verso la Chiesa non è piccolo neppure tra coloro che frequentano assiduamente la Messa, poi lo scarto s’impenna tra coloro che la frequentano saltuariamente ed è immenso tra i non praticanti, un terzo dei quali tuttavia ha fiducia nel Papa.
C. Mi stai dicendo che il problema non è nel Papa, ma nella Chiesa?
NC. Se ormai soltanto il 19 per cento della popolazione di un Paese che ci si ostina a definire cattolico dichiara di essere assiduo al precetto qualche problema ci sarà pure. Hai voglia di far sinodi per aggiornare il magistero! Qualcosa forse porterà il recente motu proprio che cambia gli obbiettivi della Pontificia accademia di teologia, alla quale si raccomanda di dialogare con le scienze moderne e magari di tener conto del buon senso delle persone. Ciò detto, però, forse sono proprio i papi che da qualche decennio hanno capito l’andazzo.
C. Non ti seguo.
NC. Non ti voglio fare la lezione, ma oltre un secolo fa un certo Max Weber ha identificato dei modelli, lui li ha chiamati tipi ideali, della legittimazione del potere politico, che ovviamente per reggersi richiede che le persone, per un motivo o per un altro, nutrano fiducia nel potere stesso, o per meglio dire in colui o in coloro che lo detengono, o almeno lo ritengano legittimo.
C. Spiegami meglio.
NC. Te la faccio corta, tanto per capirci. Weber ha parlato di tre modelli del potere, quello tradizionale, che si fonda sulla credenza del carattere sacro appunto delle tradizioni, quello carismatico, che si fonda sulla credenza nelle qualità sacre o eroiche di una personalità, e quello legale, che si fonda sulla credenza della legalità di un ordine sociale, legato anche alla sua razionalità sia perché persegue un certo scopo sia perché fa propri i valori che informano quello scopo. S’intende che non a caso li chiama tipi ideali, perché nella realtà non sono così precisamente definiti e nei fatti ognuno tiene un po’ anche degli altri.
C. Beh, a occhio e croce direi che il potere della Chiesa, se pure di potere si vuol parlare, sarebbe del tipo tradizionale.
NC. È ancora o era? Non è, magari, che la Chiesa, incapace di aggiornarsi e di attirare il favore delle persone come un tempo, dato  che ormai solo una modesta percentuale della popolazione è praticante e la quota va scemando via via in modo che potrebbe dirsi irreversibile, si è adeguata al clima mediatico imperante, come del resto anche la politica? Voglio dire, non è magari che la Chiesa, già che i suoi argomenti tradizionali non convincono più, propone invece figure capaci di attrarre mediaticamente per via di un certo loro carisma? Pensa a Giovanni Paolo II, un papa al quale tutti hanno riconosciuto una capacità mediatica straordinaria.
C. Insomma, tu mi stai dicendo che ormai il papa conterebbe più della Chiesa.
NC. Bada che questa trasformazione non riguarda solo la Chiesa, ma, ripeto, tutta la società, a partire dai partiti politici. Fino a qualche decennio fa i partiti politici, soprattutto quelli cosiddetti di massa, erano strutture complesse organizzate secondo certe regole e, sulla base delle discussioni interne, si presentavano con un’immagine di partito che si richiamava a programmi fondati su certe opzioni ideologiche, insomma un modello legale razionale.
C. Sì, così era fino a una trentina d’anni fa.
NC. La vita di un partito e anche il suo successo si fondavano, a stare al discorso weberiano, bada, stiamo facendo discorsi alla buona!, sul modello legale. Ti ricordi che a un certo momento, però, è arrivato un tale che invece ha proposto un modello di partito fondato su sé stesso, un partito personale?
C. Certo che me lo ricordo, ma non facciamo nomi.
NC. Non c’è bisogno! Da quel momento i partiti, da un modello misto, direi con Weber, tra il tradizionale e il legale, si sono sempre più avvicinati al modello carismatico. Il capo di turno, non importa di quale origine e di quale levatura politica, talora addirittura presentando programmi mutevoli o contraddittori, è diventato l’immagine stessa del partito, per le qualità che aveva o che fingeva di avere, sicché il partito cresce o magari anche decresce nei consensi in funzione dell’immagine del capo, piuttosto che delle sue scelte o del sue programma.
C. Mi ricordo: Tizio presidente già nel simbolo, Caio per presidente, Sempronia eccetera. Si punta sulla persona più che sul suo programma.
NC. Questo modello non può che fondarsi, ovviamente, sulle comunicazioni di massa e sull’abilità o furbizia dei comunicatori, abili nel creare carisma per le qualità e i comportamenti delle varie personalità. Occorre quindi disporre di mezzi di comunicazione adeguati, sia creandoseli in proprio sia sfruttando la disponibilità di quelli esistenti.
C. Sarò anche ingenuo, ma lo vedo anch’io che i modi e soprattutto i tempi nelle comunicazioni di massa non son equamente distribuiti.
NC. Allora avrai anche notato che non c’è telegiornale che, quotidianamente, non riporti le parole del Papa, magari anche ovvie, che per la verità spesso non farebbero davvero notizia. In tempi di guerra la notizia è che il Papa auspica la pace, e ci mancherebbe che non l’auspicasse! Per non parlare della programmazione, anche culturale, infarcita di vite di santi, di storia della Chiesa, eccetera eccetera.[Chi volesse approfondire, legga il XII rapporto sui telegiornali, un documentato dossier su Critica liberale, 2022]. In fondo, non dimentichiamo che si tratta pur sempre di un capo di stato estero, per quanto autorevole. Il presidente degli Stati Uniti o quello della Cina non godono affatto dello stesso trattamento!
C. Però, meglio parole di pace che parole di guerra!
NC. Su questo, per una volta, siamo d’accordo.   



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