
di VALERIO POCAR <>
Laico. Leggi un po’ qua. La Regione Toscana, prima in Italia, ha approvato una legge sul fine vita. Per meglio dire, già che la fine della vita non richiede una legge, un provvedimento sul suicidio medicalmente assistito.
Cattolico. Non me ne parlare. Una scelta abominevole! E già si sono mosse le forse di destra per bloccarla.
L. Steremo a vedere. Non puoi negare, però, che questa legge traduce il principio che già da tempo aveva sancito la Corte costituzionale.
C. Perché, se lo dice la Corte diventa cosa buona?
L. Almeno, non contrasta con la nostra legge fondamentale.
C. Ma contrasta con la legge divina!
L. Calma, tirare in ballo la legge divina mi sembra una forzatura, già che non sappiamo che cosa dice in proposito. Diciamo che contrasta col magistero della Chiesa cattolica.
C. Ti pare poco? La vita è un dono di Dio, è sacra!
L. Che la vita altrui sia sacra è un principio, come diresti tu, sacrosanto e ci mancherebbe. Ma la propria vita?
C. Anche la tua vita è un dono e non puoi disporne.
L. Bella questa! Certo non sono libero di venire al mondo, che ci pensa qualcun altro, ma di uscirne?
C. Ripeto, è un dono del quale non spetta a te disporre.
L. Parliamo del dono, allora. Se un amico, e devo pensare che il buon dio sia un amico, mi dona un pullover a Natale, sarei sorpreso se mi dicesse che me lo regala perché lo indossi alle sue condizioni e che, anzi, un bel giorno, quando e come vuole, tornerà a riprenderselo. Piuttosto che come un dono, mi pare che la vita ci sia data in comodato, per dirla come il codice civile.
C. Vuoi bestemmiare, prendendo in burla la volontà divina?
L. Ammettendo che le cose stiano come tu dici, è vero o no che il cosiddetto donatore verrebbe a riprendersi il suo dono dopo che noi l’abbiamo adoperato? Dunque non è un dono, ma un comodato. E così, come il comodante nel comodato gratuito può chiedere la restituzione del bene una volta cessato l’uso pattuito, così può restituirlo il comodatario.
C. Vuoi dire che abbiamo la libertà di suicidarci?
L. La penso così, non per andare contro le ragioni che dici tu, ma per le ragioni della libertà di ciascuno. Ma qui si parla non del suicidio, ma del suicidio assistito, ossia dell’intervento di altre persone nel porre fine alla vita. Per ammettere che questa partecipazione sia considerata lecita, e non punibile, vengono stabilite delle condizioni molto severe.
C. Condizioni severe per la morte? Mi fa orrore solo pensarci!
L. Rasserenati, sono condizioni molto severe, che hanno alle spalle una situazione nella quale il tuo dio ha già deciso di chiedere la restituzione del dono della vita. Infatti, occorre che sia in atto una malattia irreversibile tale da determinare sofferenze fisiche o psichiche intollerabili, che il malato resti in vita solamente in virtù di macchinari o di farmaci e che sia lui stesso, essendone capace, di chiedere aiuto per morire. La legge toscana si limita a ribadire che l’atto medico di aiuto al morire non è perseguibile e a stabilire che è a carico del servizio sanitario.
C. Mi sento confuso…
L. Ti capisco, amico mio, ma rasserenati. Se davvero la vita fosse un dono non revocabile, avresti qualche freccia al tuo arco. Ma vivere quanto si può o finirla prima, vivere interrompendo la vita o aspettare che vi provveda il tuo dio, che differenza fa? Il diritto a soffrire quanto meno possibile e la libertà di disporre di sé sono due valori propri della persona umana.
C. Ma ci sono le cure palliative…
L. Sono cure che devono essere offerte a chiunque, s’intende. Però, come qualsiasi trattamento medico, possono essere rifiutate. Insomma, non sono alternative alla morte assistita.
C. Sono sempre più confuso…
L. Guarda il problema proprio dal punto di vista antropologico al quale spesso tu e i tuoi sodali vi richiamate, senza darne una chiara definizione. La questione è semplice. Nessun essere vivente desidera la propria morte e ciascuno ama la vita. Se qualcuno dalla vita vuole separarsi, forse avrà le sue buone ragioni, non credi? Queste sue buone ragioni non devono essere rispettate?
C. Non so più che cosa dire.
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