Della dignità umana. Continua il dialogo tra un noncredente e un cattolico (un po’ deluso)

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di VALERIO POCAR <>

Non Credente. Eccoci, come eravamo rimasti d’accordo, a tornare parlare del documento vaticano Dignità infinita.

Cattolico. Il documento, come dicevo, mi ha un po’ deluso. Ribadisce la posizione tradizionale della Chiesa, mentre a me pare che il magistero debba tener conto del mutamento dei tempi e della società umana, sicché, soprattutto, la misericordia dovrebbe rivolgersi alle persone reali, quelle che vivono come possono e non quelle che dovrebbero vivere secondo i dettami del magistero.

NC. Già, le questioni del gender, degli aborti, della gestazione per altri, e via dicendo, possono essere questioni anche problematiche, ma la condanna senza appello non aiuta a capirle e tanto meno ad affrontarle.

C. Sono condanne pronunciate in nome della dignità umana. La dignità, una parola che non mi è del tutto chiara. Sicché non capisco bene che cosa c’entri.

NC. Qui non posso darti ragione. La dignità, non solamente quella umana, ma forse anche di ogni entità vivente sul pianeta, è importantissima. Pensa che ricorre solennemente nel testo del primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite del dicembre 1948. Cito testualmente: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.

C. Proprio qui è il mio dubbio, Finché si parla di eguaglianza dei diritti, capisco, I diritti fondamentali li fissa la stessa Dichiarazione e poi i singoli ordinamenti giuridici ci aggiungono del proprio. Ma la dignità?

NC. Qui sta il busillis. La dignità è un concetto vago, al quale ognuno può attribuire il contenuto che vuole…

C. Già. La Chiesa, per esempio, dice che il suicidio assistito e l’eutanasia violano la dignità della persone e, invece, mi pare che tu sostenga che assicurano una morte dignitosa per la persona. Proprio il contrario, insomma.

NC. Dici bene. Ogni uso della parola “dignità” nel documento vaticano del quale stiamo parlando potrebbe essere confutato col suo contrario.

C. Ma allora è una parola che non vuol dire nulla!

NC. Nulla no, perché conferma che la persona umana ha un valore in sé. Però, certo, è un eulogismo, una parola che suona bene e può servire a far passare qualunque affermazione. Meglio non abusarne.

C. E allora?

NC. Allora proviamo a dare alla parola un significato più concreto, anche se di stampo relativistico, invece di usarla per giustificare affermazioni ogmatiche. Ci può aiutare la seconda parte del primo articolo della Dichiarazione Onu:  tutti gli esseri umani “sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza“. Vogliamo intendere queste parole come il significato profondo della “dignità”?, come il rispetto fraterno verso ciascuna persona per ciò che essa è, per ciò che pensa, per ciò che vuole, senza imporre a nessuno il proprio giudizio e il proprio pensiero.

C. Vuoi dire che ciascun essere dotato di ragione e di coscienza è il giudice della propria dignità, che va rispettata per rispettare la sua personalità?

NC. Questa affermazione dà un senso alla parola “dignità”, non ti pare? Mi piace aggiungere che il rispetto della dignità riguarda non solamente gli esseri umani, ma tutti gli esseri ai quali si possa riconoscere anche un briciolo di ragione e di coscienza. Anche a loro spetta di essere trattati con spirito di fratellanza.


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