la spiritualità in Freud… e non solo

image_printstampa articolo

di Grazia Aloi <>
La Spiritualità: Essa senso vero e proprio non è, ma potrebbe esserlo se fosse “fisiologicamente” ed anatomicamente” percepibile con i sensi fisici a noi già noti, abituati non solo ad averli, ma anche ad esserne fruitori senza neppure accorgercene (in molti casi). Allora sarebbe sufficiente incrementare i “sensi fisici” per poter comprendere la Spiritualità nelle manifestazioni interiori umane (sentire, vedere, ascoltare…), Forse troppo osare, ma questo è il mio primo pensiero, evocando soprattutto Freud.

La ricerca di un Assoluto

Chi di noi, nella propria vita, non ha avuto necessità della ricerca di un assoluto? Assoluto che istruisse, educasse, guidasse interiormente… e saremmo inumani se così non fosse successo. La spiritualità allora può essere intesa come ricerca di quel qualcosa da scovare ognuno nel proprio angolo di coscienza, indipendente dalla strada scelta; La “strada scelta” per la ricerca costituisce la vera differenza tra la ricerca spirituale e quella non, tendenza alla verità assoluta rispetto alla voce della spiritualità, al no, no in assoluto. Ogni coscienza parla per sé e a se stessa, nessun legame, forza innovativa o modaiola che possa costituire “legame” (a proposito di religione) ad un percorso dogmatico a priori di trascendenza spirituale. 

La coscienza tra spiritualità e arbitrio

Può bastare la coscienza per portare nella trascendenza della incomprensione sia caotica quanto pericolosa prima e successivamente nella decisione più saggia, per comportarsi secondo coscienza (la propria) con il fuoco del dubbio che la libertà di cotanto potere possa portare al male. Certo, la spiritualità può vincere 0-1 con il libero arbitrio, se praticata alla lettera. Ha qualche strumento terreno in più di pensamento ma conosco ben poche persone che in base ad esso si siano comportate “bene”, soltanto in base ad esso. Altre sono le intenzionalità che ci inducono a compiere o non compiere un’azione piuttosto che un altra e, da psicoanalista, vorrei lasciare fuori l’inconscio, almeno per il momento.

Conoscere tutto e non conoscere

Si pensi al Mito della Caverna di Platone che non necessita di riletture se non per il senso di vera comprensione della spiritualità, dell’umanità e del bisogno vitale della non “conoscenza” dell’uomo civile (che tanto male apporterebbe). Ciò vuol dire che se è bene “sapere” forse è ancor meglio “non sapere tutto”. Certo, assumiamoci pure il rischio che essere poco spirituali ci possa togliere la purezza della semplicità dell’anima, ma quanti fatti ce la strappano via un mondo di fisicità, di ricchezze fasulle di balocchi fosforescenti? Allora, parliamo di spiritualità come “quella cosa” che ci fa essere diversi, dubbiosi della nostra stessa essenza materiale, che vorrebbe che fossimo trascendenti verso qualcosa che ci sospinga in volo nell’aria e che ci consenta di accompagnarci in questo modo così fanciullesco con anni di esistenza sulle spalle.

La spiritualità di Sigmund Freud

E Freud? Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo personalmente o chi lo conosce perché diventato adulto tramite lui sa che Freud aveva nelle sue carni la forma più matura desiderabile di spiritualità; si esprimeva nell’amore per l’altro, nella pazienza, nella solitudine, nella maturità, nella capacità di soffrire, di riflettere, di discernere il possibile umano dall’impossibile. Questi concetti (se così possono essere legittimati ad essere considerati tali) si avvicinano per evidenti motivi al periodo di evoluzione filosofica-storica dell’umanità al periodo pressoché del positivismo. Periodo che crea però in Freud una dilatazione d’orgoglio di se stesso, del suo pensare: la creazione/scoperta dell’inconscio. Con esso, parte invisibile di noi, non tutto è osservabile ed oggettivabile con gli occhi della materia sottoposta al giudizio, bensì molto (troppo) è inafferrabile, sfuggente, in quanto da noi stessi confinato nel non pensabile, nell’a-critico.

La rivoluzione della coscienza e il nichilismo

La vera rivoluzione che separa Freud da altri pochi è proprio questa differenziazione sia dialettica che dialogica, da me supposta come probabile: “Io mi comporto secondo coscienza, ossia, secondo il mio personale ed interiore grado di spiritualità, con la piena consapevolezza che essa non soddisfi appieno la mia vera essenza. Il mio comportamento è leso, danneggiato da ciò che non posso portare alla coscienza, nonostante la buona volontà. Ne va delle propria mia stessa qualità di vita”.E non si faccia troppa confusione o miscela con il nichilismo di Nietzsche sebbene i due fossero d’accordo sulla enorme modifica ermeneutica del finir del secolo: la Rivoluzione del Viaggio Mentale, rivissuto sempre e soltanto sui medesimi luoghi (ripensamento dei propri “gradini” percorsi in su e in giù).In Fondo, Platone, Nietzsche, Freud, tre Uomini, tre mondi, tre storie di vita, ci sussurrano piano piano che nella vita tutto ciò che conosciamo è forse meno bello o utile di ciò che non conosciamo. 

La scoperta dell’animo umano

La scoperta è materiale è della tecnica, lo è molto di più di quanto non lo sia quella dell’animo umano. Ed è un grande peccato, secondo me, perché abbiamo necessità che Uomo Nuovo cresca in fretta e che ci porti ciò che, per obbligatori sviluppi cronologici, abbiamo avuto bisogno e sempre più ne abbiamo.
Tecnica significa “Arte” e l’Uomo è Arte per definizione.


Categories:


Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *